“Milano Fashion Week”, aka “MFW”, ovvero la magia allo stato puro.
Da qualche anno la Milano Fashion Week si è ridotta ad una semplice passerella di 20-35enni che vagano senza sosta da un evento all’altro, scroccando bollicine e pizzette a qualsiasi inaugurazione o presentazione ci sia in città.
Persone annoiate che sentono il dovere di esserci per non correre il rischio di essere invisibili sui social. Ovviamente tutti questi non hanno, non hanno mai avuto e non avranno mai nulla a che vedere con il settore moda, se non per il fatto che comprano dei vestiti. Un po’ come il sottoscritto che è nel mondo aerospaziale perché ogni tanto fa un viaggio in aereo…
Ma torniamo indietro di almeno una decina d’anni, quando esistevano le modelle e le influencer si schiacciavano ancora i brufoli guardandosi allo specchio. Ricordo una sfilata in particolare.
Le Divine
Quell’anno Roberto Cavalli prese le prime 20 top models al mondo e le portò sulla sua passerella, nel teatro costruito per l’occasione al fianco dell’Arco della pace in Foro Bonaparte.
Natasha Poly, Arizona Muse, una giovanissima ma già famosa Daphne Groeneveld, ecc… fino ad arrivare alla regina incontrastabile, alla punta di diamante, alla top delle top. Naomi.
Io, in quegli anni, non so bene per quale ragione ma avevo la possibilità di accedere al backstage di diverse sfilate, il sancta sanctorun di qualsiasi sfilata di moda. Li si vedono i capi prima di chiunque altro, li si vede l’esercito di make-up artisti, hair stylist e vestiariste prepararsi con calma a quello che da lì a qualche ora sarà una specie di sbarco in Normandia. Redbull che scorre alla pari con l’ossitocina.
Come dicevo, in quegli anni mi divertivo ad andare alle sfilate e realizzare quello che era per me la cosa più interessante, ovvero i ritratti di esseri che entravano dal retro del teatro come semplici ragazze e dopo qualche ora uscivano trasfigurate in passerella come dee. Siccome le foto delle dee le fanno già tanti altri, mi son detto, facciamo delle foto alle ragazze, ovvero alla loro versione reale, a ciò che sono ogni mattina appena sveglie, a ciò che sono quando prendono un colpo di freddo alla pancia, e a come le vedono i loro genitori probabilmente. Eh sì, perché anche Afrodite aveva dei genitori.
I preparativi
Durante le lunghe sedute di preparativi al trucco io gironzolavo nelle varie postazioni con la mia reflex impostata sul bianco e nero e, senza disturbare nessuno, scattavo cercando di cogliere attimi di normalità prima della trasformazione. La cosa più divertente era che oltre a me c’erano anche altri fotografi mandati dalle testate giornalistiche per realizzare delle foto da inviare istantaneamente in redazione così che, non appena fosse finita la sfilata e quindi caduto l’embargo, i giornali avrebbero avuto già la gallery fotografica dei capi o dei trucchi realizzati. Era una gara contro il tempo insomma, dove “the winner takes it all” come cantavano gli Abba.
Gli ultimi momenti
Potete immaginare quindi la ressa e la frenesia che poteva esserci nei dieci minuti precedenti all’uscita in scena! In quel momento tutti, ma dico davvero tutti sono in ritardo e devono completare il loro lavoro. C’è sempre un ritocchino ai capelli da fare, mentre la vestiarista sta aggiustando l’abito, mentre la modella sta cambiandosi (anzi, le stanno cambiando) le scarpe perché all’ultimo momento qualcuno ha deciso che quel modello non va bene con quel capo, intanto una sarta rammenda un angolo che si è lasciato andare e il fotografo della testata X deve rifare le foto per aggiornare le ultime modifiche, ovviamente richiedendo alla modella, che in quel momento ha sei o sette mani diverse addosso, qualche spillo conficcato nella carne e delle scarpe di due numeri in meno del suo piede, uno sguardo da modella.
Quello è il momento in cui tutti corrono, si agitano, urlano, richiedono attenzione e aiuto a qualche collega. Tranne io, che andavo tranquillamente in giro come un vecchietto che guarda i lavori in corso. Ogni tanto mi fermavo, alzavo la mia macchina e scattavo, cercando di essere il più invisibile possibile. Era un reportage in fin dei conti, non delle foto di moda.
Questa anomalia, però, presto venne notata e attirò più delle tante urla di altri fotografi, così che mentre alzavo la mia fotocamera per scattare una foto, capitava che la modella in questione ignorasse per un istante i richiami degli altri per voltarsi verso di me.
Ve lo dicevo che era un ambiente magico.
Il Libro
Il risultato di queste giornate mi ha permesso di realizzare un piccolo libro fotografico che ho intitolato ”Models – The soul of the models” dove ho cercato di raccontare ciò che c’è dentro dei bellissimi abiti e sotto un trucco a regola d’arte. Ragazze. Belle, desiderate, ben pagate, ma pur sempre ragazze.
Ed è a loro che va il mio ringraziamento per avermi fatto capire ciò che poi ho cercato di mettere nei miei ritratti e nei miei nudi artistici.
Vi lascio qualche immagine presa da “Models – ” The soul of the models“, con la speranza che riusciate a vedere la magia che vedevo io.








